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Per i tuoi larghi occhi -capitolo quattro-

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Ma tu guarda, chi l’avrebbe detto? Nella sera del mio peggior fallimento sentimentale, una cameriera folle suona al mio campanello, la invito a salire per un caffè e ora stiamo ridendo sedute al tavolo della mia cucina.

«Livanto, arpeggio o volluto?»
«Ah, per me è lo stesso!»
Elisa è simpatica, dolce, semplice, alla mano. Mi ispira tenerezza, protezione. Giovane, carina, ha la testa piena di sogni e abbastanza faccia tosta da prendere il numero di una cliente e presentarsi a casa sua solo…
«Elisa, senti: sono felice che tu sia passata. Ma non l’ho mica capito, sai, perché sei qui!»
«Oggi, quando te ne sei andata, lui è passato.»
Ecco, proprio quello che non volevo sentirmi dire.
«Mezz’ora dopo che te n’eri andata, è venuto a prendere il caffè. Ma il resto non lo vuoi sentire!»
«Come no?! Adesso mi fai irritare. Dai, su, spara.»
«Ok. Ma non devi prendertela con me. Il fatto è che… non era solo. Da qualche mese, ormai, frequenta il bar. Con te è il giovedì a pranzo. Con lei non è così regolare. Credo che si incontrino al lounge, quello dietro il corso. Da noi è passato solo qualche martedì, in orario da aperitivo. Il lounge il martedì è chiuso.»
Non so che dire. Se ci penso, smetto di respirare.
«Senti, non ne vale la pena. Posso dirtelo io: con lei è come con te!»
«Che vuoi dire?»
«Le dice le stesse cose, ha le stesse parole, gli stessi regali. Non puoi star male per uno così. La porta perfino nello stesso bar!»
«E tu che ne sai?!»
Vorrei essere più cattiva, dire a Elisa che si deve fare i fatti suoi, che è stata inopportuna, maleducata, invadente e stronza. Vorrei dire a lei quello che non ho potuto dire a lui. Ma l’onestà di questa ragazza mi calma. E istintivamente capisco quanto abbia ragione.
Di fronte a me, Elisa beve il suo Nespresso. Se lo rigira tra le mani. Sembra leggere il fondo del caffè.
«Lo so perché ci sono passata. Anch’io sono stata con uno così. Parole di velluto, promesse, regali costosi, un futuro insieme. Ma a me è andata peggio: almeno a te ti ha lasciata con una telefonata. Io non ho avuto neanche quella. Per questo lavoro in quel bar.»
«Spiegati meglio.»
«Lo conosci: lavorate nello stesso palazzo. Tu sei negli uffici della direzione finanziaria, lui in quella commerciale.»
Questa ragazza sa un sacco di cose su di me. Forse è davvero una psicopatica. Mi sa che me lo legge in faccia perché cerca di rassicurarmi con un sorriso disarmante.
«Ehi: il fatto che sia una cameriera non significa che non mi interessi altro che le tazzine da caffè! Sono una buona osservatrice, sai?»
«Ah, me ne sono accorta. Come si chiama lui?»
«Ionas. Un bel tipo, non eccezionale, ma con un suo fascino.»
«Fammici pensare… Ionas, Ionas… Ma certo: il ragazzo da un milione di euro. È davvero uno in gamba. Lo stanno segnalando per l’acquisizione del marchio Burani. O almeno, di quello che ne resta dopo tutto il casino.»
«Lui.»
«Non lo conosco benissimo, ma mi sembra uno gentile, affidabile e anche molto concreto.»
«Sì, lo è. È anche opportunista, egocentrico, incapace di amare, ma così bravo con le parole da convincerti del contrario. Avremmo dovuto sposarci, sai? Non appena avessi finito la triennale. Poi un giorno lo chiamo e… bum. Telefono spento, appartamento disdetto, sparito. Ci ho messo mesi per ritrovarlo in quest’accidente di città!»

 

nadiolinda-riproduzione vietata

Italian fashion journalist. Blogger @fashionblabla. Founder of #fashioncamp.

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