Style

Nel Nome del Vintage, favola con lieto fine

 

La vita è fatta di corsi e ricorsi. E la moda non sfugge a questo assioma. Ci sono periodi in cui sono stata molto squattrinata e molto creativa, periodi in cui mi alzavo all’alba per prendere quattro tram e andare in uno dei più popolari mercati di Milano, dove un banco sfigato vendeva abiti in jersey che nessuno di quel quartiere avrebbe mai acquistato. Costavano 2.000 lire, erano degli anni 70 e avevano le stampe più belle che abbia mai visto. Sembra un’altra epoca, anche se sono passati solo 15 anni. Il mio amore per il vintage è sempre stato viscerale. Prima che Dolce&Gabbana lanciassero la moda dei corpetti, noi ragazzine in disco ( io appena maggiorenne a dire il vero)  le mettevamo nei modi più disparati. Nessuna avrebbe potuto permettersi una guepiere di Jean Paul Gaultier, ma le vecchie mercerie erano piene di busti e corpetti.

Io sono andata nella più antica merceria della mia piccola cittadina e ho rovistato nel retrobottega fino a scovare quelli che ancora oggi considero dei capisaldi del mio guardaroba. Guepiere steccate color carne, bustier in pizzo nero, lingerie degli anni 50, costumi da bagno da utilizzare come sottogiacca. Non mi entrano più, ero almeno 7 chili meno, ma li tengo perchè sono una memoria storica. Ora a dire il vero, il gusto del vintage, oltre a quello di indossare degli abiti che raccontano una storia, la storia di qualcuno che ha vissuto delle emozioni  dentro a quell’abito, è la sensazione di scoprire un tesoro. Per questo non mi piacciono i negozi finto-vintage fighetti. Non c’è niente da scoprire lì dentro. E’ come partire con una Lonely Planet e lo zaino in spalla e ritrovarsi in un club Med. Per questo quello che mi è successo il 31 dicembre mi è parsa un po’ una magia.

Uscita con mia madre per un giro di compere dell’ultimo minuto, il centro storico che somiglia ad una cartolina, le chiedo se possiamo fermarci di fronte alla vetrina di un antiquario che voglio vedere se c’è qualcosa che mi piace. E lì, in piena carrambata, la mamma rivede una vecchia amica della sua infanzia. E parlano un po’ del loro passato comune, del tempo che passa, di quanto fossero magre e  della fame del dopoguerra e cosa fa tua figlia, lavora nella moda. E poi la domanda. “Ti piacciono i gioielli vecchi?” In che senso vecchi? ” Ma, se vuoi te li faccio vedere, ne ho un po’ in macchina, un’amica di Roma ha chiuso una gioilleria e me li ha venduti tutti. Ok, ammetto che a questo punto mi sento un po’ scema. Tutti ci aspettano, è tardissimo, siamo quasi congelate dal freddo e sto andando in macchina di una signora mai vista a vedere gioielli vecchi. Si, vecchi tipo Trifari. Vecchi tipo anni 30, 40, 50. Americani. Sto per mettermi a piangere quando vedo cosa tira fuori. E’ finita che ho scelto questa parure degli anni 40: girocollo e orecchini. Mi sembra che non poteva capitarmi miglior magia di fine anno.

Italian fashion journalist. Blogger @fashionblabla. Founder of #fashioncamp.

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