Style

Less is more, torna il minimalismo

Calvin Klein

Che la moda fosse ciclica e che ogni tendenza è inevitabilmente destinata a tornare dopo un periodo di eclissi più o meno lunga già si sapeva ed è una delle leggi fondamentali del fashion system; dopo una stagione dominata da lustrini,paillettes, piume, peli e decorazioni di ogni genere,gusto e misura, che dalle passerelle sono state riproposte ovviamente nella vita di tutti i giorni (con risultati non del tutto convincenti) oggi il Minimalismo è tornato in auge spazzando via ogni traccia di superfluo.

 

Calvin Klein

Basta dare un’occhiata alle collezioni per l’autunno/inverno 2010-2011 per fare il pieno di abiti, maglie, gonne, pantaloni e giacche dalle forme e dai colori asciutti e lineari, chic, essenziali  e senza troppi fronzoli,che sembrano disegnati con riga e compasso, in una palette di colori pastello molto sobri e cipriati (pensiamo all’invasione dei cappotti color cammello che inevitabilmente qualcuna ruberà dall’armadio della nonna). La scrittrice Elyssa Dimant si occupa per l’appunto di questo tema nel suo ultimo libro: “Minimalism and Fashion: Reduction in the Postmodern Era”, in cui passa sotto analisi il binomio Minimalismo-Moda e il ritorno in voga del Minimalismo ripercorrendone la storia attraverso i decenni del secolo appena trascorso.

Calvin Klein

Come dimenticare,infatti, le sue radici, che affondano niente meno che negli anni Venti e Sessanta? L’autrice scrive che il Minimalismo nella moda di oggi ha un debito verso la visuale avanguardista di quegli anni, che si esprime in arte nei quadri geometrici di Kasimir Malevich e nella celebrazione di Le Corbusier “del cubo,della sfera,del cilindro e della piramide”. Architetture che si riaffacciano proprio nel mondo della moda, nelle forme futuristiche e al tempo stesso semplici e lineari di Chanel,  Courrèges e Cardin.

Minimalismo
Minimalismo

Negli anni Settanta e Ottanta, prosegue la Dimant, furono invece prese strade diverse nella moda, prestando attenzione a capi più funzionali come basic t-shirt e jeans, di certo assai meno costosi e impegnativi di un abito di Courrèges,  che divennero ben presto capi “democratici”, anche se, come fece notare Calvin Klein, “il consumatore era comunque più disposto a spendere di più per un capo non troppo democratico”, nobilitato dalla sola etichetta.

Calvin Klein

Negli anni Novanta, invece, la paradossale interazione fra la modestia delle forme e l’ostentazione simbolica raggiunse il suo apice: conformemente a quanto espresso da Geoffrey Beene, secondo cui solo chi è veramente ricco può permettersi di essere eccessivamente semplice, fu nell’austerità del cosiddetto “slip dress”, l’abito stile sottoveste introdotto da Klein e Marc Jacobs, che si riconobbe in chi lo indossava una donna privilegiata. Il Minimalismo, poi, passò dai vestiti agli ambienti in cui erano messi in vendita: dai desolati set fotografici “non place” preferiti dai fotografi di moda del periodo alla sterile architettura stile “white cube” delle grandi boutiques.
Oggi,  prosegue la Dimant, il Minimalismo è tornato a godere di prestigio, ma si può cogliere il suo significato solo ricollegandolo alle sue radici. Il risultato consiste in abiti che sembrano sculture indossabili più che capi d’abbigliamento. Costa cerca di esprimere attraverso le sue creazioni la “perfezione del quadrato”, enfatizzando questa forma in una ricerca ossessiva e continua della proporzione e della linea, della superficie e della struttura.
Conclude quindi l’autrice: “è nel delicato equilibrio tra una complessa qualità artistica e una semplicità purificata che il nuovo Minimalismo riesce a sussurrare “Less is more” e “Look at me” nello stesso, seducente respiro.”
Less is more risulta allora essere una formula sempre vincente che tutte dovremmo tenere a mente come base su cui edificare il nostro stile. Ce la faremo? Ai posteri l’ardua sentenza!(Lorena Perchiazzi)

 

Italian fashion journalist. Blogger @fashionblabla. Founder of #fashioncamp.

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