Style

Inchinatevi ai re e alle regine della scena

rosella_degori_0159_scene_03

Alzi la mano chi non l’ha mai fatto. Guardare dall’alto in basso, con aria sdegnata, quei ragazzi con i piercing e i capelli lunghi che fanno delle nostre strade e delle nostre piazze il loro quartier generale. Hanno nomi d’arte, le calze smagliate, smokey eyes e capigliature color puffo o rosso fragola. Sono le regine della scena. Sono le Scene Queen. La maggior parte di loro non ha nemmeno diciotto anni, alcune non hanno neanche consapevolezza di chi sono e cosa vogliono fare nella vita. Eppure hanno già lasciato da tempo le Barbie in un angolo remoto della loro cameretta e inventato un nuovo divertimento: diventare loro stesse Barbie e giocare con il proprio corpo, riempiendosi di piercing, allungandosi e tingendosi i capelli, tenuti fermi da vistosi fiocchi e accessori da bambola, alcune tatuandosi. Scelgono nomi d’arte per dare voce al loro alter ego, per distinguersi dalla massa, per raccontare di loro ciò che è difficile dire a voce. Fiona Stark, una delle più note scene queen del palcoscenico italiano, ci racconta le evoluzioni del suo nickname:“Originariamente il mio nickname era Kitty Kannibal. L’avevo scelto perché era un cocktail di yin e yang. Un po’come la scelta di Marilyn (Monroe) Manson (Charles). Mi hanno criticata molto per la somiglianza col nome della celebre Kiki Kannibal e successivamente l’ho cambiato in Kitty iDoll. Ora sono semplicemente Fiona Stark. Perché sono cresciuta, ed è mutato anche il personaggio che mi ero creata”.

fiona

Molti credono che il mondo delle scene queens e dei scene kings – e sì perché la smania di apparire agita anche gli animi dei ragazzi – sia indissolubilmente legato a quello degli emo e questo la dice lunga sulla confusione, dovuta alla cattiva informazione, che c’è in Italia a proposito dell’argomento. In realtà le scene rubano all’universo degli emo molto della loro apparenza, del loro stile, ma nulla della loro essenza. Le scene non condividono il loro carattere introspettivo, non ascoltano la loro musica, non amano crogiolarsi in un mondo lontano da quello reale. Con gli emo hanno in comune la passione per il ciuffo piastrato, che amano portare lungo sulla fronte, quasi a coprire gli occhi, sempre tinti di scuro, e per i piercing.
 

rosella_degori_0166_scene_10

Quando chiedo a Fiona, emiliana, classe 1987,  di parlarmi della body modification, non esita: “Quando si parla di scene queens si fa sempre riferimento ad anoressia e bulimia. Non è sempre così. Sì è vero, ci sono standard molto alti, ma, conoscendone, non tutte seguono questa dieta del digiuno. Anch’io ho smesso di mangiare tempo fa, ma poi se ne capisce la gravità. Io amo molto i tatuaggi e ho avuto parecchi piercing che adesso ho tolto lasciando solo il septum”. Molti amano intervenire sul loro corpo, inserendo dei piercing sottocutanei, come ha fatto Justin Morbe, scene kids diciassettenne di Vigevano. Guai a chiedergli se dietro ci sono intenti autolesionistici! Justin l’ha fatto solo per sentirsi più sicuro, perché gli dà coraggio e gli conferisce autostima, quasi fosse una corazza da frapporre fra lui e il mondo. Quel mondo pronto a giudicare, quel mondo che non capisce e che non ha esitato a discriminarlo sul lavoro solo per i suoi occhi truccati di scuro e il piercing al labbro.

 

rosella_degori_0173_scene_18

Si definiscono modelle alternative, amano la moda e ambiscono a diventare fotomodelle, posando, magari, un giorno, per importanti studi fotografici. Fiona, ad esempio, ha lavorato, dopo gli studi all’istituto d’arte, come fashion designer presso un’importante casa di moda e adesso ha deciso di lanciare una propria linea di abbigliamento.  Capelli lunghissimi, occhi da cerbiatta e fisico da pin up, Fiona è una delle primissime scene italiane, e al lavoro da commessa in un megastore, affianca quello di modella e fotomodella. Le piace apparire, le piace farsi notare e quando le chiedo perché, in generale, le scene queen amino giocare con il sesso e la provocazione, lei, imperturbabile, risponde: “E chi non lo fa? Diciamo che è divertente lanciare occhiate e stuzzicare in modo ironicamente innocente. Poi alla fine è solo un gioco, un semplice modo di apparire”.

 

rosella_degori_0168_scene_12

Apparire. E’ proprio questa la parola chiave, e anche quando Ellie Rapent, diciassettenne meneghina, vincitrice del concorso Miss Scene Queen, tenutosi un mese fa a Milano, nega con forza di vestirsi solo per farsi vedere, non può far altro che concordare sul fatto che la maggior parte della tribù sia mossa da un’insaziabile smania di protagonismo che li spinge a fotografarsi e mettersi in vetrina, utilizzando i più importanti social network come strumento di propaganda personale. Hanno migliaia di contatti su facebook, usano myspace per veicolare i loro sogni e flickr per mostrarsi al grande pubblico di adolescenti, e non solo, che sceglie le più belle, consacrandole ad icone, facendole diventare web celebrity da seguire ed imitare.

 

rosella_degori_0161_scene_05

A fare due conti, le scene queens non sono poi così diverse dalle fashion bloggers. Soltanto che le prime vengono con disgusto additate, dai moralisti, quali esibizioniste drogate o baccanti dedite al culto orgiastico, le seconde vengono invitate alle sfilate e siedono di fianco alle direttrici delle più importanti riviste di moda. “In America non è così – ci racconta Ellie Rapent –, lì non veniamo visti come l’incarnazione del demonio. Ma in Italia sì, veniamo ghettizzati e additati. A questo ha contribuito la cattiva informazione, dovuta a programmi come le Iene e Domenica5, a cui siamo stati invitati per spiegare il fenomeno scene e che, invece, si è risolto in un tribunale della Santa Inquisizione”.  Ellie si riferisce al servizio andato in onda alle Iene, in cui si raccontava di serate scene, fatte in discoteca, dove i ragazzi bevevano, si drogavano e facevano sesso nei bagni o sui divanetti. E’molto arrabbiata e ci tiene a raccontare come stanno veramente le cose. “Hanno generalizzato, buttando fango su tutti, soltanto per la voglia di creare clamore. E’ più facile fare uno scoop facendo leva sul moralismo della gente. Adesso quando passo per strada e mi vedono vestita così, la gente pensa “E’lei, è quella che fa sesso sui divani in discoteca, al sabato pomeriggio”. Non ci sto, non è corretto. Quello che i ragazzi intervistati hanno detto alle Iene è vero solo in parte, nel senso che in qualunque discoteca i ragazzi flirtano, rimorchiano e pomiciano. Non è l’essere Scene che impone il sesso alternativo, l’alcool o la droga. Quello che può accadere alle nostre serate, può accadere anche nelle altre discoteche. Alle Iene hanno enfatizzato quest’aspetto solo per fare il servizio sensazionale, perché è più facile associare noi, con i nostri piercing e i capelli colorati, ad un genere di vita dissoluto”. E’ ferma e decisa Ellie, gesticola con le mani lunghe e affusolate, dando enfasi alla sua indignazione. “I ragazzi che hanno parlato alle Iene hanno calcato la mano solo per farsi vedere, per avere cinque minuti di notorietà e le Iene hanno trovato pane per i loro denti”.

Possiamo darle torto? Non è forse la storia di sempre che si ripete? La storia di un paese ancora troppo chiuso e bigotto che acclama una ragazzina che si fotografa con le Louboutin ai piedi e ne condanna un’altra che si fotografa con un piercing al sopracciglio? Dite, quale differenza c’è tra Chiara Ferragni e Ellie Rapent?

 

30272_101755779871329_100001107220885_11473_3503643_n

Siciliana di nascita, milanese d’adozione. Una passione sfrenata per la lingua italiana e per l’arte in tutte le sue forme. Una innata verve ironica, necessaria per sopravvivere nella giungla metropolitana.

Comments (1)

  • Che la Merdagni fattura 400.000 euro l’anno. Per il resto sono due cretine come tante che dovrebbero darsi alka zolla

    Rispondi

Write a comment