Beata ignoranza Style

Il casus belli de “I 100 Fashion Blog più seguiti in Italia”

Non volevo dover parlare dell’annosa diatriba che sta animando il mondo dei fashionblogger e che si può racchiudere in due parole: “classifica fuffa”, ma mi vedo costretta a farlo perchè c’è molta acrimonia attorno all’argomento “I 100 Fashion Blog più seguiti in Italia” e ancora più incomprensioni che generano commenti a caso sul chi è chi, asprezze di sentire e stomaci pesanti. Non pubblicherò altro su questa storia che è interessante per chi ha un blog, ma una noia mortale per i lettori, che francamente se ne infischiano se il mio blog è dentro o fuori ad una classifica ed esigono argomenti nei quali possano identificarsi. Giustamente.

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Il casus belli è stato generato dall’ennesima pubblicazione della classifica redatta da LeCahiersFM “ I 100 Fashion Blog più seguiti in Italia” che in molti probabilmente identificano con Nielsen, a mio parere una perfetta scorciatoia per pigri, approssimativa guida per chi è digiuno di rete e non vuole investire nè in formazione nè in risorse dedicate al digital.  Come sicuramente saprete la classifica è basata sul ranking di Alexa e non intendo scrivere qui un pamplhet sul perchè questo non indichi nè qualità nè quantità. (Alexa si basa su un panel di persone che hanno installato la toolbar di Alexa e che acconsentono alla registrazione di siti che visitano per dati statistici. Di per sé Alexa è uno strumento impreciso per sua natura, basandosi su panel e non accettato nelle pianificazioni media dove si utilizzano strumenti come Netratings, ComScore oppure direttamente i Google Analytics di ogni singolo sito.)

Mi interessa davvero poco se il mio blog è lì o non è lì, non è questo il punto.Sono i danni collaterali. Alcune aziende hanno iniziato ad abbeverarsi alla fonte della classifica per stipulare collaborazioni, far partire progetti e stanziare budget. E la colpa non è di chi stila una classifica balenga, ma delle agenzie, aziende o consulenti che non si prendono neanche la briga di andarli a guardare quei blog. Si chiama analisi dell’esistente e se non la fai tu brand, sei fottuto. Perchè le blogger non sono tutte uguali ed è imprescindibile capire con che target vuoi parlare. Facciamo un esempio e lo faccio su di me perchè mi viene più facile: io ho 40 anni e due figli. Faccio parte delle big spender in Italia- se dovessi essere fastidiosamente precisa dire i pilastri italiani della she-economy-. Ho un look pulito ma non minimale, mi piacciono gli accessori, sono dedita al pilates e intollerante al lattosio.  Propormi delle creme anti-age ha un senso, una collaborazione con la nuova linea teen di Fragolina Sirena Seducente non ne ha. Perchè le donne che seguono il mio blog non sono in target con il tuo prodotto e anzi, francamente sono  pure stufe di sentirsi proporre la moda da suppergiovani come se loro non esistessero. Hanno la possibilità di spendere dei soldi, ma in rapporto al loro gusto e alla loro età. Quindi se punti su di me per vendere i tuoi pantaloni lucidi a vita bassa, hai  buttato via i tuoi soldi.
E poi tu brand moda compreresti mai una pagina pubblicitaria su un giornale scritto con caratteri sbavati su un foglio di carta igienica a meno che non fosse un’operazione di arte contemporanea dichiarata? Perchè l’estetica di un blog non è un fattore da sottovalutare. Specialmente nella comunicazione di moda, che si nutre di immagini.  Parliamo un attimo di usability: il tuo sito è responsive? Come si vede da uno smartphone? Per fare un commento basta loggarsi via social oppure devo andare a registrare sopra anche la partita IVA? Affrontiamo pure il discorso della scelta degli influencer: quanto ti interessa la promiscuità? Mettiamo che io oggi indossi la biancheria di Yamamay e domani quella di La Perla. E dopodomani ancora quella di Chantelle. Certo noi ragazze siamo tutte un po’ bipolari, ma non sarò più così credibile. Poi da poco credibile divento imbarazzante se non so veicolare il tuo messaggio in un buon italiano. E no, il fatto che il livello medio di scrittura dei fashion blog sia tendente allo zero sintattico non è una buona giustificazione.

Per chiudere questo post, per me nessuna classifica potrà mai sostituire il lavoro di una persona formata che sa come lavorare sul web e con il web. Lasciate agli improvvisati la classifica dei furbetti.

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Italian fashion journalist. Blogger @fashionblabla. Founder of #fashioncamp.

Comments (6)

  • non saprei, io da oltre un anno sono stata a tutti i livelli della famigerata classifica, pure al terzo posto in un torrido luglio desolato, ma questo non ha mai molto variato la mia collaborazione con i brand (forse perché la mia nicchia di interesse è avanti quanto un dinosauro vecchio…). L’unica cosa è che ogni tanto mi contattano brand inutili che producono strafanti inutili e che contattano a tappeto tutti quelli della classifica e forse in tre gli rispondono. Non capisco lo strapparsi i capelli intorno a questa classifica. L’unica volta che l’azienda mi ha citato la classifica ero con una blogger che non ci rientrava e ha fatto di tutto davanti a me e all’azienda per screditare non la classifica, ma chi ci rientrava (altra cosa che trovo ridicola e poco professionale).

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    • E’ un argomento metablogger se mi permetti il gioco di parole, che interessa solo chi ha un blog ed è stato quello che ho dichiarato fin dall’inizio. Ma è pur sempre un metodo di valutazione per molti. Vedo gente che si strappa i capelli pechè non ha un posto in questa classifica, che ha generato rancori e cattiverie in un mondo che sta specularmente riproducendo i sistemi del peggior giornalismo prezzolato. Il nostro plus è quello di poter sperimentare in un sistema ancora parzialmente libero da vincoli e mi piacerebbe che questa voglia di cambiamento emergesse forte e chiara. Volevo esprimermi su una classifica che non ha alcuna attendibilità in termini di pianificazione media, poi giuro non dico più una parola su questa cosa.

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      • sì ma che sia attendibile o meno (personalmente la guardo cuoriosa ogni mese, ma che sia in alto o in basso so che non significa nulla) il modo con cui una blogger reagisce alla stessa mi sembra illuminante. Come se davvero fossero solo classifiche o aziende l’unica cosa che importa nel blogging. Personalmente la vedo come te, ovvero mi chiedo spesso che tipo di interesse può avere un mio post e non do nulla per scontato. Sento blogger che dicono che senza questa classifica non si lavora, ma io non ne sono finora uscita (cosa che puòccedere in ogni momento e non succede nulla) e (non) lavoro esattamente come prima ;)

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  • Sì è un argomento metablogger ma che viene poi riportato anche fuori dal mondo blogger. Il “problema” è che quella classifica viene considerata valida, non solo dalle aziende, ma dai non addetti ai lavori, e pur senza strapparsi i capelli, effettivamente spiace a chi fa del suo blog una specie di lavoro e ritiene di fornire un vero servizio.
    Credo che quella classifica ormai abbia perso ogni valenza possibile perchè anche solo confrontando il rank di alexa certi blog ne sono esclusi e poi magari inclusi la volta dopo perchè “si lamentano” o si lamentano i followers. Una classifica non può essere a giudizio personale, o comunque non se viene dichiarata più o meno velatamente basata su dati statistici.

    Quindi beh da quando ho capito che cosa realmente è, senza strapparmi i capelli a me spiace che esista, pur essendoci stata.

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    • Anna tu sei brava e ti sei distinta nel mare magnum dei fashion blog perchè hai un tuo stile, dai dei consigli pratici, il tuo è un saper fare che riporti nelle tue pagine. Credo che ad oggi quella classifica abbia solo sortito una grande confusione, generando misunderstanding su come si possa bloggare e su chi è in grado chi no di farlo.Ma resta una mia opinione personale.

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      • Ti ringrazio molto, il tuo complimento conta molto perché so che è dato seriamente e da chi sta seguendo seriamente questo mondo. A proposito, ho visto che vieni a Genova questo venerdì, se il lavoro non mi “incastra” passerò di sicuro a salutarti ;)

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