Beata ignoranza

Il Mascara Killer

Ci sono dei pallini che ogni tanto ci vengono così, dal nulla. O forse basta un niente per mandarci in fissa o per smuovere la polvere mentale. Fatto sta che la sera di Natale sono corsa in bagno, ho aperto gli armadietti e ho cominciato a rivoltar roba alla ricerca spasmodica del coniglietto. Il coniglietto del “cruelty free”. Rossetti, mascara, cipria, terra, deodorante, crema corpo, crema viso, antirughe, smalti, olio per i capelli, shampoo, balsamo, dentifricio, colluttorio, profumi: niente, zero coniglietti in vista. Possibile?

 


Voglio dire: non stiamo parlando di ricerca scientifica, né della cura per il cancro. Stiamo parlando di prodotti cosmetici: potrò, io consumatore, pretendere di avere il coniglietto stampigliato sui miei prodotti? Potrò ben pretendere che non si torturi nessuna bestiola, facendole fare una morte immonda completamente inutile? Per un mascara, potrò ben pretenderlo o no?

Alcune domande del caso.

Quando un prodotto è identificabile come “cruelty free”?

Quando ha tutte le seguenti caratteristiche:

  • Il prodotto finito non è testato su animali
  • I componenti del prodotto stesso (materie prima comprese) non sono a loro volta testati su animali

Quando un’azienda è “cruelty free”?

  • Quando non effettua e non commissiona a terzi test su animali (né sul prodotto finito né sui singoli componenti)
  • Quando non si rifornisce nemmeno da fornitori che a loro volta testano su animali

Attenti quindi agli inganni: il monitoraggio delle crudeltà deve essere totale, anche nei confronti delle materie prime acquistate da terzi. Molte aziende infatti si vantano di non testare il proprio prodotto finito su animali: peccato che, per esempio, la glicerina acquistata da aziende fornitrici lo sia.


Esistono alternative ai test su animali?

Certo. L’alternativa normalmente è costituita dai test effettuati su cellule, lacrime, tessuti umani riprodotti in coltura in laboratorio. Non solo questi test garantiscono un’attendibilità scientifica ampiamente superiore (le reazioni di un coniglio, un cane o una scimmia non saranno mai uguali a quelle umane), ma non provocano dolore, non richiedono crudeltà, non impongono torture.


Perché allora le aziende non si appoggiano a questo tipo di sperimentazione “cruelty free”?

Dato che, normalmente, le aziende rispondono esclusivamente a logiche economiche, temo che la sperimentazione cruelty free sia più costosa e richieda una competenza ben maggiore rispetto alla vivisezione.


Quali pratiche vengono effettuate sugli animali durante i test?

Ce ne sono molte. Le più comuni si rifanno al Draize test (cutaneo e oculare): si prendono dei conigli, gli si blocca la testa in una gogna apposita (in modo che non possano grattarsi o sfregarsi) e gli si inietta negli occhi (o sulla pelle) la sostanza da testare (che spesso è già stata testata miliardi di volte da altre aziende). Il coniglio spesso, mentre la sostanza irritante gli perfora la pelle, gli divora la carne o gli corrode gli occhi, si spezza l’osso del collo cercando di liberarsi dalla gogna, perché non sopporta il dolore del suo corpo scarnificato. Ma questa è solo una delle pratiche assassine che la vivisezione mette – INUTILMENTE – in atto.


Si può fare qualcosa?

Dato che le aziende, ripeto, sono sensibili esclusivamente alle ragioni economiche, l’ideale sarebbe boicottare quelle che si appoggiano ancora alla vivisezione. Dato che, purtroppo, sono la maggior parte e sicuramente ognuna di noi è affezionata e fidelizzata a molte di loro, si può cominciare quantomeno con l’invio di questa lettera (anche per e-mail):

“Come cliente interessato ad acquistare prodotti cosmetici e per l’igiene personale “senza crudeltà”, vi chiedo di modificare la vostra policy sugli ingredienti che comprate da terzi: utilizzate solo ingredienti NON testati a partire da un certo anno FISSO (a vostra scelta), così da non incrementare la sperimentazione su animali. Alcune aziende lo fanno, perché non lo fate anche voi? Nel frattempo mi vedo costretto a scegliere altre marche, tra quelle che aderiscono a questa policy. Distinti saluti”

E’ niente, ma è già qualcosa.


Esiste una lista aggiornata di aziende cruelty-free?

Consigliamo di visitare il sito www.consumoconsapevole.org

In particolare a questo link troverete l’elenco che cercate.

Spero che le Fashion Blogger che si occupano di beauty raccolgano questo stimolo e invitino i loro followers a partire con l’invio delle lettere.


 

 

È una delle figlie del Barone Rampante, quella nata il 28 Giugno 1974 sul ciliegio. Blogger, ha due libri e diverse collaborazioni all’attivo. Non sa nulla di moda.

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