Style

Fenomenologia del dono ( All I want for Christmas)

 

scarpe

Quando si avvicina il periodo delle feste non posso fare a meno di sentirmi fortunata. Sì, perché riflettendo su cosa potrei desiderare mi viene in mente che non ho bisogno di nulla.
In fondo, però, non è questo il senso di un regalo? Soddisfare un bisogno che in realtà non esiste, materializzare un desiderio in eccesso, ricevere un oggetto che vorresti ma non compreresti mai da sola proprio perché potresti farne a meno?
Non sono molto d’accordo con chi fa regali perché “hai detto che ti serviva”: ciò che serve si acquista in autonomia; il regalo è qualcosa che vogliamo moltissimo ma ci sentiamo “in colpa” ad acquistare da soli, proprio perché ci rendiamo conto che è un falso bisogno, un “di più” che modificherà la nostra vita solo nella misura in cui ci renderà felici.


yamamoto


Non di meno e forse proprio per questa sua componente frivola, ciò che desidereremmo come regalo racconta qualcosa di noi, di chi siamo, della nostra storia, di ciò che riteniamo primario e di ciò che istintivamente siamo portati ad evitare, di quello di cui pensiamo di poter fare a meno (ma sempre con riserva, altrimenti non lo desidereremmo) e di quello che ci appare indispensabile.
Di seguito, quindi, ho deciso di raccontarvi quello di cui non ho realmente bisogno, ma vorrei tanto per Natale e che descrive qualcosa di me:

coat

1. Un cappotto di lana dalle linee pulite, quasi essenziali, possibilmente grigio. Perché mi rendo conto che istintivamente per i capi invernali punto troppo sul nero ed ho bisogno di una spinta che mi aiuti a rischiarare il mio guardaroba.

gloves

2. Un paio di guanti Prada. Perché, come per il cappotto, amo i tagli essenziali e basic. Il mio stile si muove attorno la celebre citazione di Mies van der Rohe: “Lessi s more”. Qui risiede tutto il mio retaggio occidentale e gli studi intrapresi, che mi hanno portata ad apprezzare l’“International style” e a capire cosa culturalmente sottende.

3. Un paio di scarpe di vernice rossa disegnate da Christian Louboutin. Perché il rosso è una nota di colore che mi concedo spesso sia d’estate che d’inverno ed è l’unico colore che mi conferisce abbastanza sicurezza per osare abbinamenti arditi. Tenete presente che, nutrita di razionalismo ed International style come sono, mi muovo sui toni bianchi, neri e grigi, per me un abito blu scuro con scarpe rosse è già un abbinamento ardito (sì, potete ridere).
4. Il libro “Fashion and its social agendas. Class, gender and identity in clothing” di Diane Crane. Perché è una studiosa che apprezzo molto ed i cui scritti sono per me davvero preziosi ora che sto scrivendo la mia tesi.

book

5. Una valigia di Louis Vuitton. Perché accanto allo studio ciò che amo di più è viaggiare: viaggio da sola da quando avevo quattordici anni ed è diventata una parte caratterizzante ed irrinunciabile della mia vita. Ciò a cui ho rinunciato fin’ora è stata una valigia firmata.

valigia

6. Un invito per la mostra su Yohji Yamamoto prevista presso il Victoria and Albert Museum di Londra dal 12 marzo al 10 luglio 2011. Questo regalo per me avrebbe una duplice valenza: da un lato c’è la mia passione per i musei, per la semiotica delle mostre, per l’analisi e la scomposizione mentale degli allestimenti (cos’è stato disposto in un modo e perché, cosa comunica quel modo, cos’avrebbe potuto comunicare se fosse stato disposto diversamente); dall’altro c’è il mio amore per l’alta moda. Non è un caso che in questa wish list abbia citato solo stilisti e case di moda estremamente celebri assieme ad un architetto: “Fashion is architecture: it is a matter of proportions” diceva Coco Chanel. Perché ciò che determina il prezzo elevato di un capo di alta moda non è solo la scelta di materiali di qualità e la manifattura pregiata, ma l’idea, il progetto che tale capo sottende che molto spesso è meticoloso ed ispirato come quello di un grande architetto.

 

 

Italian fashion journalist. Blogger @fashionblabla. Founder of #fashioncamp.

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