Una dimensione più intima e vera del lusso, con capi preziosi ma non monumentali. Donne dal pallore virginale in plein air, con lisci capelli fermati in code basse che incedono in pantofoline dal tacco raso e vestite di sola leggerezza. Così Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli hanno immaginato, creato e presentato la Haute Couture Valentino.
Questa svolta soft e cozy è annunciata dalla scomparsa del rosso (temporanea prevediamo) e dei plissé (marchi di fabbrica dell’Imperatore) dagli impalpabili tessuti e dai colori neutri e tenui che ricordano la Maria Antonietta di Sofia Coppola nelle scene agresti del Petit Trianon, ma anche Jackie O’ e la celeberrima collezione bianca (sono 123 le sfumature usate del non colore per questo defilé).
I tessuti sono talmente leggeri che le stampe a chaine sembrano sbiadite nei colori e nei disegni donando un’allure da sogno ai fluttuanti chemisier che avvolgono tutto il corpo con maniche lunge e gonne che oltrepassano le caviglie. Tenui fiorellini, cipolle fiorite come quelli dei servizi di piatti di hutshenreuther – rosenthal o tapestry, le fantasie utilizzate. Quaranta sarte hanno portato nel mondo reale la visione dei due stilisti, ricamando, unendo con soffi d’aria pizzo chantilly su veli di tulle plumetis creando guanti che sono ideali continuazioni delle maniche. Montando e cucendo 800 metri di budellini. Una fibra considerata cheap come il cotone qui risplende nella sua ricchezza intarsiato di ricami e lavorato a punto smock. Taffetà e organza ricoperti di fiori e ricami che paiono portati dal vento.
A piedi pantofoline dello stesso tessuto degli abiti per lo più con il tacco rasoterra, ma presentate anche nella versione con il tacco alto con gli abiti midi e un po’ più corti. Una prova magistrale dell’atelier sottolineata anche dall’amministratore delegato che fiero annuncia un +80% nelle ordinazioni per l’Haute Couture e 160 nuovi capi fatti su ordinazione grazie a chi a capito come preservare la cultura della moda diventando però avanguardia.
