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L’Assassinio di Coco -capitolo tre-

Capitolo 3

Il ricevimento all’Ambasciata di Spagna era cominciato da un paio d’ore. Un’orchestrina suonava in sottofondo ma non erano previste danze, per fortuna. Gli ospiti si spostavano dai tavoli elegantemente apparecchiati al largissimo buffet e tornavano carichi di prelibatezze. I camerieri servivano flute di Champagne e quant’altro fosse loro richiesto.

 

Lei era seduta a un tavolo d’angolo e aspettava che Passerotto la servisse. Il lusso non è lusso se non è comodo. Lui attraversò il salone verso di lei reggendo due piatti. Era in smoking e molto elegante. Quasi tutti gli altri uomini erano in uniforme e i pochi in borghese erano spie, pensò lei. Fare la spia nella Francia occupata era un mestiere comune, del resto era anche quello del suo compagno.
“A cosa pensi?”
“Che tutto il mondo è in divisa.”
“Hai ragione.”, rispose lui sorridendo, “Gli uomini a causa della  guerra e le donne per seguire la tua moda.”
Lei pensò a quanta verità ci fosse in quelle parole. Lui certo non sapeva che aveva usato delle stoffe militari della guerra mondiale per le prime collezioni dei suoi abiti, quelle che vennero definite il genere povero.
Un uomo in uniforme si era fermato impettito davanti al loro tavolo. Hans Gunther von Dinklage si alzò per incontrarlo. Erano più o meno della stessa corporatura, ma l’uomo aveva un viso volgare, il naso lungo e stretto e le orecchie a sventola. Portava i capelli biondicci pettinati a onda. Fece un passo avanti e quello bastò a mostrare la malagrazia del suo portamento. von Dinklage fece un impercettibile inchino. Poi si rivolse a lei.
“Signorina, vorrei presentarti a una persona, l’ Obersturmbanfürer Walter Kutschmann. Obensturmbanfürer: Coco Chanel.”
L’uomo la soppesò per un attimo prima di piegarsi in una goffa riverenza.
“E’ un grande piacere. Così lei è la famosa Coco. Spero che la nostra conoscenza ci porti a una reciproca, proficua amicizia.”
Parlava un francese scolastico e affettato. La pronuncia era intollerabile. Lei rimase seduta.
“Certamente. Gli amici di Hans sono miei amici.”, rispose compita, “Lei viene da Berlino?”
“Sì, adesso vengo da Berlino. Prima sono stato in Polonia. Ho visto la guerra. Non è tutto come a Parigi.”
Con un cenno del braccio indicò il ricco buffett che sembrava attrarlo particolarmente.
“Vada pure a servirsi, herr Kutschmann. Avremo modo di incontrarci di nuovo.”, disse von Dinklage.
“Sì, devo andare.”, rispose Kutschmann, “Ho promesso ad alcuni camerati di trascorrere la serata con loro.”
Con il capo aveva indicato un tavolo poco distante, dove sedevano alcuni ufficiali che, come lui, indossavano la divisa nera delle SS.
“Allora arrivederci, Coco.”, aggiunse prima di allontanarsi.
Un cameriere offrì dei flute da un vassoio e Hans ne porse uno anche a lei, ma Coco rifiutò. Non le piaceva essere manovrata a sua insaputa.
“Chi è quell’uomo? Sembra un grosso maiale omosessuale.”
von Linkage capì che era furiosa. Raramente le aveva sentito pronunciare volgarità. Era la cosa che più aborriva.
“Hai ragione. E anche peggio. Si dice che in Polonia l’Obensturmbanfürer abbia fatto la guerra solo agli ebrei.”
“E allora, Passerotto? Perche mi presenti a un assassino di ebrei che mangia come un porco? ”
“Perchè lui è una chiave per aprire una porta. Per liberare Chanel.”
“Cosa vuoi dire?”
“Kutschmann è una prova che devi superare. Andrai con lui in Spagna. Ti darà del denaro e tu lo verserai a tuo nome e poi quei soldi voleranno via. Capisci?”
“Perché?”
“Per comprare fiducia.”
Lesse il disgusto sul viso di lei e aggiunse con un sorriso: “O per  venderla, se preferisci.”

Marco Vajani-riproduzione vietata

 

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