Capitolo 1.
Erano a letto nudi, a parte una collana di perle a triplo filo con cui la donna giocherellava facendo scorrere le palline tra le dita. Lui si copriva il ventre con un lembo del lenzuolo di seta.
L’orologio sul comodino, una piccola sveglia da viaggio dall’ovale perfetto, in onice nero e oro bianco, segnava le quattro. Avrebbero potuto essere indifferentemente del pomeriggio o del mattino, le pesanti tende di velluto coprivano completamente le finestre della camera.
Il corpo di lei era snello, il seno piccolo appena appesantito, il ventre piatto; le gambe slanciate e ben tornite erano le stesse di quando era ragazza. Il tempo non aveva ancora tradito la sua silhouette.
Lui non era bello: largo di spalle e grosso di ventre, alto ma pesante, con il collo corto e taurino. Il cranio completamente rasato rifletteva la luce dell’abat-jour. Aveva tredici anni meno di lei.
Le accarezzava la coscia con la sua manona, ma non era un approccio erotico, o un atto di possesso, solo un gesto affettuoso. Per dedicarsi ai piaceri carnali avevano sempre tempo – il loro era un rapporto sessualmente focoso – ma ora stavano parlando seriamente e lui, figlio di un’aristocratica inglese e di un nobile tedesco, sapeva come comportarsi nelle più diverse occasioni.
“Non è facile, signorina! Ieri ho parlato ancora con Wolfang, presente anche uno dei tuoi avvocati. Le cose sono state fatte per bene, prima della promulgazione delle Leggi Razziali…”
“Passerotto, come sei ingenuo! In Francia, e in tutta Europa, tutti rubano tutto agli ebrei! E’ possibile che io non possa riavere quello che loro hanno rubato a me? Ciò che è mio e sarà mio per sempre?!”
Lui non rispose. Sapeva che, negli anni ‘30, lei aveva venduto il novanta per cento della proprietà alla famiglia degli industriali ebrei Werheimer.
Sapeva anche che a lei piaceva ottenere quello che desiderava.
“Sto sondando una possibilità a un livello più alto. Non tutto è perduto. Devi avere fiducia, Signorina. Il tempo lavora per noi.”
Mentre pronunciava quelle parole le risentiva nella sua mente come un eco e sapeva che mai erano state così false, così illusorie. Era vero che aveva escogitato un progetto e, se le cose avessero funzionato a dovere, lei avrebbe ottenuto un credito illimitato con persone il cui potere aveva pochi limiti, ma la guerra era già persa – a lui era sempre mancata la fiducia di vincerla – e il tempo non lavorava più per loro.
Lei sembrò credergli e gli accarezzò la mano, ma poi si scostò, si alzò dal letto e scomparve dietro uno dei grandi paraventi laccati di Coromandel.
Marco Vajani -riproduzione vietata-