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Per i tuoi larghi occhi -capitolo sei-

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E così.
Un copione uguale a mille altri. Niente di particolare da raccontare. E stasera, dopo gli aperitivi e la cena e la pizza e il cinema e il primo bacio e il secondo e la prima base e poi la seconda base, mi ritrovavo fuori dalla sua porta.

Sentivo i cd che cambiavano nel lettore, nervosi. Jazz. Poi bossanova. Poi un lounge avvolgente. Poi di nuovo jazz. Poi una bestemmia per l’acqua che sobbolliva troppo. Il jazz andava bene. Apertura di serata classica. Il profumo dei gamberi e della salsa piccante invadevano il pianerottolo. Stavo lì.
Dopo quella sera, non avevo più visto Elisa. L’avevo pensata continuamente, ogni volta che indossavo un abito più vicino alle fantasie del suo uomo, che mi avvicinavo al suo desiderio. Avevo riso come lei, baciato come lei, ascoltato come lei, toccato come lei. Ma senza sincerità.
Stasera sarebbe stata la scopata perfetta. Era il momento che stavamo aspettando.
Così feci l’unica cosa possibile: mi sfilai le scarpe, sganciai le calze velate dal corsetto, le srotolai sul pavimento, ci infilai dentro il biglietto che avevo scritto la sera che Elisa mi aveva tolto dalla mia rabbia per regalarmi la voglia di vendetta e, mentre lui progettava di farmi a venire, semplicemente me ne andai.

Il giorno dopo abbandonai l’acquario dell’ufficio commerciale, cambiai i miei orari e ripresi a frequentare il bar. Elisa era lì, come sempre. Entrai non sapendo che dire. Ma lei mi corse incontro, togliendosi il grembiule:
«Ho mezzora libera prima delle pause pranzo. Dai usciamo a fare due passi».
Lungo il vialetto dei giardini, le chiesi se voleva che le raccontassi. Il suo no mi sollevò da un peso.
Era bello che tutto rimanesse nel silenzio, come in guerra: se non sai, nessuno potrà mai chiederti nulla.
Passeggiammo così, chiacchierando della stagione nuova, del freddo, delle doppie punte, dei pomodori sintetici, delle tracce di caffè sui bordi delle tazzine e delle fragole 12 mesi nei cocktail per signorine. La riaccompagnai al bar appena in tempo: il locale si stava riempiendo.
«Allora ciao. Ripasso ogni tanto, così ti saluto.»
«No, dove vai? Devo presentarti una persona. Si chiama Lavinia. È in questo bar da più due anni e stamattina c’è stata per quasi tre ore, con di fronte la stessa spremuta e un caffè che ormai sarà evaporato. Ha ricevuto una telefonata. E poi è rimasta… così. Ti ricorda nessuno?»
«Oddio. Mi sembra un secolo fa. Tutta questa cosa… sai che me ne sono completamente dimenticata?»
«Bene. Lavinia lavora esattamente di fronte all’ufficio del tuo ex.»
Elisa prese al volo il grembiule e sparì in cucina.
Io restai un attimo interdetta. Poi la trovai: la ragazza bionda seduta di fronte a una spremuta smunta. Dentro ci affogava una mosca che nessuno aveva scacciato. Fu senza riflettere che mi avviai al suo tavolo. Quando mi misi a sedere, voltò la testa dalla vetrina con uno sguardo che diceva molte cose. Tranne: siediti pure.
«Ciao. Non voglio sembrarti inopportuna, ma so benissimo cosa stai passando. E voglio proporti di fare una cosa per me, per te e per tutte le donne come noi…»

 

 

nadiolinda-riproduzione vietata

Italian fashion journalist. Blogger @fashionblabla. Founder of #fashioncamp.

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