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L’Assassinio di Coco -capitolo sei –

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Capitolo 6

Hanno finito di fare l’amore nella camera in affitto di Gabrielle.
A parte il letto sfatto e i loro vestiti sparsi a terra la stanza è perfettamente in ordine. C’è un armadio, un tavolo con due sedie, una Singer a pedale, un manichino da sarta con indosso un semplice abito nero, una specchiera.

Erano nudi e i corpi luccicavano di sudore alla tremula luce della lampadina appesa al soffitto. Lei non era alta, abbastanza magra ma con un seno florido. Lui era robusto, ben fatto, ma la superava di pochi centimetri e senza cappello.
“E’ belga, costruita nel 1936.”
“E’ piccola.”, disse lei prendendo la pistola in mano.
“Tu la volevi piccola!”, interloquì lui risentito, come se fosse una critica rivoltagli personalmente.
“Certo. Va benissimo così. Fa parte del mio piano. La dimensione è ideale. Vai avanti.”
All’opificio Gabrielle aveva contatti con la Resistenza e aveva fatto piccole commissioni come messaggera o vivandiera. Quell’idea, invece, era esclusivamente sua e lo sarebbe stato dal progetto al capo finito.
“Si chiama Boyer, è una calibro 6 e 35. E’ una pistola automatica, vuol dire che il caricatore è nell’impugnatura.”, disse lui.
Lei annuì.
“Non è un revolver.”, spiegò ancora Marcel.
“Fammi vedere come si carica.”
Lui fece scattare l’apertura del serbatoio, infilò i proiettili e lo richiuse. Voleva mostrare padronanza nei gesti, ma era la prima volta che usava un’arma.
“Adesso scaricala.”
Lui fece come lei diceva.
“Può contenere otto colpi, ma noi ne abbiamo solo tre.”, disse Marcel rimettendo i bossoli nella scatola.
“Uno solo deve bastare.”, lo ammonì lei.
“Lo so. Per questo dovremo agire da vicino, molto vicino. Massimo un metro, un metro e mezzo.”
“Lo so. Questo è compito mio.”
“E il bersaglio dovrà essere fermo di fronte a me almeno un secondo.”
“Così sarà.”
“E come fai a prevederlo? Come fai a sapere che si fermerà almeno un secondo?”
“Non ti preoccupare. Si fermerà! Vieni.”
Gabrielle si alzò dal tavolo e prese Marcel per mano. Lo portò davanti alla specchiera in modo che fossero incorniciati a figura intera.
“Prendi la pistola.”
Lui ubbidì.
“Abbracciami.”, disse lei, rimanendo girata verso lo specchio.
Marcel la strinse da dietro, una mano sul seno, l’altra appoggiata sul fianco destro e seminascosta tra il braccio e il fianco di lei.
“Adesso spara!”
La canna della Boyer fece capolino.
Click, click, click….
“Punta quel manichino, adesso.”, ordinò lei.
Sempre abbracciati ruotarono insieme.
Click, click, click…
“Bene.”, disse lei. Si staccò da lui e tornò a sedersi al tavolo.
Sorrideva.
“Vieni. Siediti. Adesso ti spiego il piano nei dettagli.”

 

 

Marco Vajani-riproduzione vietata

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