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L’Assassinio di Coco – capitolo quattro –

Coco Chanel

Capitolo 4

Scappò fuori dalla fabbrica di uniformi, inforco la bicicletta e volto l’angolo di rue de Panache, prima che la sirena avesse finito di suonare la fine del turno.
“Ce l’hai?”, chiese, con il fiato ancora mozzo, appoggiando la bocca all’orecchio di Marcel che sedeva a uno dei tavolini del ‘Au Clair de Lune’ e spezzava il pane da mettere nella zuppa di cipolle. Senza alzarsi lui le prese il viso tra le mani per sfiorarle le labbra con un bacio. Gabrielle si divincolò.

“Siediti, mangiamo con calma. Ti amo.”

Lei prese posto davanti a lui, si chinò sul tavolo.
“Ce l’hai?”
Per uccidere qualcuno, in modo rapido e sicuro, ci vuole un’arma. Loro avevano scelto una pistola. Milioni di armamenti giravano l’Europa nella primavera del ’43 e Marcel si era impegnato a trovare la pistola.
“Hai cambiato idea?”
Anche Marcel si chinò verso di lei. I loro visi quasi si toccavano, anche se non c’erano avventori nei tavoli vicini al loro.
“Quale idea? Quella di sparare a qualcuno in mezzo a un nugolo di tedeschi? E poi scappare sulla mia gamba sbilenca? Ho sempre pensato fosse una follia.”
Era stata la zoppia a far esentare Marcel dal servizio militare. Una gamba cinque centimetri più corta dell’altra. Poi era stato assunto come operaio in una fabbrica d’armi.
“Hai cambiato idea!”, affermò Gabrielle e gli fece male, perché lui l’amava e credeva in lei.
“No. Non ho cambiato idea.”
“Ma ce l’hai?”
“L’avrò.”
“Quando?”
“Tra poco. Ho fissato l’appuntamento qui.”
“Perché qui?”
“Un posto vale l’altro. E non pensavo che tu venissi. Dovevamo incontrarci da te alle sei.”
“Ero in ansia.”
Per la prima volta, da quando era arrivata, Gabrielle gli sorrise.
“Scusami. Sono stata sciocca. Io mi fido di te.”, disse, “Preferisci che vada via?”
“No. Una coppietta che litiga e fa la pace solleva meno sospetti di una persona sola.”
Mangiarono la zuppa.
L’uomo si sedette di spalle al tavolino dietro il loro. Posò a terra un pacchetto avvolto in un giornale. Poteva essere la scatola di un paio di scarpe. Consumò solo un Pastis fumando una sigaretta fatta a mano. Quando lasciò il tavolino del ‘Au Clair de Lune’ dimenticò a terra l’involto.
O aveva fatto finta di dimenticarsene, pensò Frederic Donzet che guardava la scena appoggiato al bancone e sorseggiando un cafè au lait. Lui conosceva quell’uomo: Lucien Allard. Circolava voce che facesse parte della Resistenza. Invece, Fred non conosceva la coppia al tavolo vicino. La bella bruna focosa dall’aria decisa e il fidanzato che aveva raccolto il pacchetto e ora si allontanava tenendolo sotto il braccio sinistro e stringendo a sé la donna con l’altro.
“Andiamo a casa mia, è più vicina.”, disse lui in tono tranquillo.
Lei fece segno di sì con la testa.
In Francia, durante l’occupazione, esistevano diversi livelli di collaborazionismo. Fred Donzet collaborava come poteva. Faceva la spia per quelli che pagavano le sue informazioni. I tedeschi. Era un collaborazionista e non ci trovava nulla di equivoco. Anche Edith Piaf cantava per i nazisti.
Fred non finì di bere e decise di pedinare la coppia.

 

Marco Vajani – riproduzione vietata

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