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Chick lit all’italiana: intervista a Chiara Santoianni

Sono un’insegnante, e una forte lettrice. Spesso leggo per lavoro o per interesse dei libri, come dire, un po’ impegnativi. Da qualche anno poi, avendo una biondina per casa, ho recuperato vecchie letture a base di fiabe, fratelli Grimm, principesse, streghe e matrigne.

Però, quando voglio rilassarmi davvero, prendo in mano un libro di quelli che io definisco “per ragazze”. Sì, lo confesso, adoro la chick lit.

La chick lit, o letteratura per pollastrelle, è un genere di letteratura nato nel mondo anglosassone negli anni Novanta e poi affermatosi in tutto il mondo. Le protagoniste sono donne dinamiche, tra i venti e i quarant’anni, che vivono in città e sono alla ricerca del lavoro giusto, o dell’uomo giusto, o della dieta giusta… A volte anche di tutte e tre le cose.

All’inizio ci fu Bridget Jones. La giornalista Helen Fielding teneva due rubriche fisse sull’Independent e sul Daily Telegraph; queste raccontavano, sotto forma di diario, le avventure di una single poco più che trentenne che viveva a Londra. Visto il successo riscosso dal personaggio, l’autrice decise di scrivere un romanzo, Il diario di Bridget Jones, e poi il seguito, Che pasticcio, Bridget Jones!

Anche Carrie Bradshaw, la protagonista del telefilm Sex and the city, nacque dapprima come protagonista di una rubrica settimanale sul New York Observer e solo successivamente l’autrice, Candace Bushnell, scrisse il libro da cui fu tratto il telefilm.

Essendo stata come tutte noi, in alcuni periodi della mia vita, disoccupata, single e incerta sul mio futuro, mi sono spesso immedesimata in molte eroine della chick lit: da Bridget Jones a Carrie Bradshaw, da Becky Bloomwood della serie I love shopping all’assistente ansiosa de Il diavolo veste Prada.

E la chick lit italiana? Beh, la madre di tutte le scrittrici di chick lit nostrana è senza dubbio Alessandra Casella. Nel suo Un anno di Gloria riprende molti degli stereotipi del genere: la protagonista, Gloria, è una single milanese sfortunata in amore, con un lavoro che non la soddisfa, e può contare su poche amiche ma fidate, e su una vecchia zia che costituisce tutta la sua famiglia. Poi, ovviamente, ci sono i libri di Federica Bosco, tra cui ha avuto grande successo Mi piaci da morire, e Chiara Santoianni, con Il diario di Lara.

Per le imperscrutabili coincidenze della vita, e della Rete, ho conosciuto Chiara Santoianni. Ne ho approfittato per rivolgerle qualche domanda:

1.      Secondo te, perché alle donne piace così tanto la chick lit?

Credo che il motivo sia semplice: perché rispecchia la loro vita quotidiana. Ma non solo; lo fa anche con ironia, in modo da alleggerire e sdrammatizzare situazioni che, vissute in prima persona, possono essere stressanti: essere lasciate dal fidanzato, fare i salti mortali per riuscire a conciliare la vita familiare con quella lavorativa, combattere con i colleghi di lavoro, rincasare la sera e trovare l’appartamento un caos, diventare mamme a quarant’anni… La chick lit affronta questi temi sdrammatizzandoli, il che aiuta senz’altro a vivere meglio.

2.      La tua Lara ha delle caratteristiche in comune con eroine famose della chick lit come Bridget Jones o Becky Bloomwood; quali sono invece, secondo te, i suoi tratti peculiari?

Devo confessare che ho letto il mio primo libro di Sophie Kinsella qualche settimana fa, e la protagonista non era nemmeno Becky Bloomwood! Quando ho scritto Il diario di Lara, conoscevo soltanto le avventure di Bridget Jones, alle quali mi sono ispirata in parte. Il fatto, però, che senza saperlo ho attribuito a Lara caratteristiche che ho poi ritrovato in altri personaggi (ho notato somiglianze tra il mio libro e quelli di Federica Bosco, ad esempio) è la dimostrazione dell’universalità di questo tipo di letteratura. Lara ha comunque alcuni tratti peculiari, quale quello di essere single solo per caso (attualmente è fidanzatissima!) e di essere inserita in una rete di relazioni sociali per lei molto importanti, che spesso hanno un ruolo chiave anche nella sua ricerca di successo e di indipendenza. E poi, Lara ne combina di tutti i colori, un po’ come Mr. Bean, più che Bridget Jones…

3.      Secondo alcuni, la chick lit sembrerebbe in crisi; nella tua opinione è un dato reale, o in realtà la chick lit, sia anglosassone che italiana, gode di buona salute?

Alcuni anni fa, la direttrice di un’importante casa editrice (di cui non farò il nome!), in una corrispondenza con me, decretò che la “letteratura per pollastrelle” era un genere “in esaurimento”. Se la chick lit era morta, allora viva la chick lit! Oggi non solo non è scomparsa, ma gode di ottima salute. Credo abbia avuto una vera e propria rinascita: dopo che l’esempio anglosassone ha dimostrato che le donne possono conquistare il mercato librario con i temi che stanno loro a cuore, in Italia scrittrici ed editori hanno cavalcato l’onda, dando vita a una fioritura di libri spesso molto ben riusciti. Il motivo, anche in questo caso, è piuttosto semplice: dopo secoli di silenzio letterario, le donne finalmente possono parlare. E lo fanno.

4.      La critica letteraria da sempre snobba la chick lit: cosa vorresti ribattere a chi disdegna il genere, bollandolo come pura evasione, ed accusandolo talora di scrittura sciatta e smodato uso di stereotipi?

La chick lit, come tutta la letteratura di genere, è paraletteratura. Proprio come il giallo, la fantascienza, il fantasy. Viene definita con termini solo in apparenza dispregiativi: quando la si chiama letteratura “di evasione”, o “di consumo”, o “di intrattenimento”, non si fa altro che sottolineare la sua caratteristica di letteratura “popolare”, quindi per tutti. E quale sorte migliore, per un libro, dell’essere condiviso da tantissime persone? La chick lit ha un linguaggio sciatto solamente se non c’è un buon editing dietro, altrimenti ha un linguaggio comprensibile a tutti, proprio come gli altri generi di letteratura popolare. Quanto agli stereotipi (termine non necessariamente negativo, che significa “immagini rigide”), credo ne sia piena anche la grande letteratura, da Shakespeare a Manzoni. Che, non a caso, erano autori “popolari”.

 

Mamma e moglie, insegnante per passione, blogger per caso. Bionda (vera) da sempre. Cerca sempre di cogliere il lato ironico delle cose; a volte sogna di ritirarsi in una baita di montagna, assecondando così la metà ladina della sua origine. Ha pubblicato nel 2012 il suo primo libro: Il manuale del perfetto marito. http://labiondaprof.wordpress.com/

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