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Cesare Paciotti: storia di una preview mancata

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Cesare Paciotti è uno che sa fare il suo lavoro. Non sarà certamente Louboutin – anche se a lui ha rubato l’idea della suola rossa -, ma oggettivamente le sue scarpe sono di buona qualità, ben rifinite e, a parte taluni virtuosismi che lo trascinano in un vortice trash, anche belle da vedere. Vi farò una confessione che so risulterà impopolare: è uno dei miei designer preferiti e fremevo all’idea di parlare con lui della nostra comune passione per le scarpe. Avrei voluto raccontarvi della sua collezione. Avrei voluto dirvi quali e quante meraviglie, il tanto illustre shoes couturier italiano, aveva in serbo per noi, in vista della prossima primavera estate. Avrei anche voluto intervistarlo per voi. Avrei voluto, ma non ho potuto. E questo perché, il sentitamente nostro, non ha reputato opportuno concedersi al microfono della sottoscritta, né tanto meno regalarci la possibilità di fotografare le sue creature, nascoste in qualche anfratto della boutique.

Ha, oltretutto, lasciato lo spiacevole compito di informarci ad una giovane addetta stampa, in estremo imbarazzo. Per lei, per noi e, anche, per lui. Il motivo del gran rifiuto non è stato palesemente svelato, ma era facilmente intuibile. Noi non siamo Vogue, né Elle, né Glamour né alcuna altra testata blasonata, per cui divieto assoluto di parlare con lui o con i suoi ospiti vips. Si fa davvero un gran parlare di apertura del fashion world e di democratizzazione – che parola alta e sublime! –  della moda, magicamente diventata accessibile a tutti. Gli stilisti si affannano ad invitare fashion bloggers e web editors, ma la verità è che vogliono semplicemente cavalcare l’onda del momento. Nessun reale interesse li muove verso il mondo 2.0. Anzi, uno snobismo snervante e malcelato li spinge a negarsi o, quando va bene, a trattarci con estrema indifferenza. Ancora troppo rari sono i casi di vera e propria apertura, di consapevolezza della nascita di un nuovo modo di fare giornalismo. Cesare Paciotti è solo la punta dell’iceberg. Peccato. Non è da tutti avere la lungimiranza di capire che è in atto una vera e propria rivoluzione.

Siciliana di nascita, milanese d’adozione. Una passione sfrenata per la lingua italiana e per l’arte in tutte le sue forme. Una innata verve ironica, necessaria per sopravvivere nella giungla metropolitana.

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