Beata ignoranza

Vogue e le PPB (Potenziali Puttane Benvestite)

Con l’aiuto del francese, di eleganti perifrasi e astute circonlocuzioni, appoggiato sulle stampelle della leggenda, della storia e della mitologia, Cunaccia se la cava bene nell’articolo pubblicato su vogue.it dal titolo “Berlusconi girls – le vorremmo vestite così”: perché sappiamo bene che uno dei compiti ingrati della moda è quello di rendere presentabile qualcosa che non lo sarebbe affatto. E dato che sappiamo bene anche che, spesso, l’abito fa il monaco, Cunaccia pare dirci: se proprio non possiamo liberarcene, almeno camuffiamole.

 

Tra le storie meravigliose che la letteratura ci ha regalato nei secoli, esiste quella narrata da Choderlos de Laclos ne “Le relazioni pericolose” sulla perfida marchesa de Merteuil, bella, desiderata, nobile, ricca e astuta, che finisce per essere sfigurata dal vaiolo: il marcio che aveva dentro, nascosto dal trucco e dagli abiti, finisce per palesarsi rovinandole il viso e diventando così visibile al mondo.

Vogue, più pragmaticamente e senza riporre false speranze nel vaiolo, fa il suo sporco lavoro e, non potendo disquisire sulle mise della première dame, cerca di risolvere i problemi di stile dell’harem. Come se fosse quello il problema. Ma certo Vogue non si può occupare di altro.

Che poi, se si trattasse di puttane (e questo – almeno il tribunale – lo deve ancora dimostrare), non sarebbero certo loro il problema: perché difficilmente, nella storia, sono state le puttane ad essere il problema (e queste vanno pure forte con l’economia, viste le tariffe di tutto rispetto che hanno in listino). Toulouse Lautrec, Emile Zola, Paul Gauguin, Jorge Amado, Charles Bukowski, Fabrizio de Andrè, Gabriel Garcia Marquez, Henry Miller e molti altri ci hanno incantato con le loro puttane.

Al contrario, il problema risiede quasi sempre nell’utenza malsana, nell’istituzionalizzazione della volgarità, nella promozione della tabula rasa morale e culturale, nella premiazione del nulla mentale, nella tentata (e forse riuscita) legittimazione del mercimonio (e non solo della carne, ma anche della dignità e dell’onore), nella decomposizione palese e orgogliosa delle istituzioni. Quasi che Cetto Laqualunque fosse un miraggio preferibile e ampiamente dignitoso.

Accanto al furbo ma perdente tentativo di Vogue di focalizzare l’attenzione e il lavoro di Alessia Glaviano sulla metastasi, ci piacerebbe dunque che qualcuno invocasse un T.S.O.* per espellere la malapianta e sradicare il problema – quello vero – alla radice. Perché noi, quando qualcuno ci indica la luna, non ci concentriamo sul dito. E vi prego, tanto che ci siamo, un bell’elettroshock a questa nazione dall’encefalogramma piatto: che un lurido, per quanto ben vestito, rimane inequivocabilmente un lurido.

 

 

*Trattamento Sanitario Obbligatorio

È una delle figlie del Barone Rampante, quella nata il 28 Giugno 1974 sul ciliegio. Blogger, ha due libri e diverse collaborazioni all’attivo. Non sa nulla di moda.

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